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minestrone? Sì, ma alla genovese!

 


Altro giro, altro regalo!
E che regalo: oggi secondo il Calendario AIFB è la Giornata del Minestrone "alla genovese", e occorre specificarlo, perché quello alla genovese non è il solito minestrone.
Abitando nel Ponente ligure mi sono sentita un po' tirata in ballo; primo perché si parla pur sempre di Liguria, secondo perché adoro letteralmente Genova. Mi piace.
Mi piacciono i sui carruggi, le sue piazze, i palazzi, le trattorie, le sue piccole e deliziose drogherie... da noi c'è un detto che recita C'è di tutto come a Genova (lo si dice in dialetto, ma ve lo risparmio). E l'aria che respiro è la stessa che respiravo moltissimi anni fa, quando, adolescente, allontanarmi da casa un intero giorno per andare a girare a piedi quella grande città, per me rappresentava Libertà. Sia chiaro che intendo aria in senso metaforico.
Potevo quindi esimermi dal partecipare con un mio piatto? No, mi pare chiaro.
Non avendolo mai assaggiato in loco ho chiesto aiuto a Monica, l'ambasciatrice, che mi ha dato preziosi consigli e se troverete qualche errore sarà dovuto esclusivamente alla mia imperizia.
Perché parlare di minestrone "genovese"? Perché è uno dei piatti-simbolo della città, insieme a molti altri che personalmente considero assai goduriosi.
Un tempo gli orti genovesi erano concentrati nella fertile vallata del Bisagno - tanto che ancora oggi il verduraio viene chiamato besagnin -, ed ecco che nella composizione del minestrone troviamo proprio quell'esplosione di verdure che tradisce la propensione della cucina di Liguria verso preparazioni a base di ingredienti "erbacei" e tutto sommato "poveri".
Ma il minestrone a Genova rappresenta anche il collegamento con un'altra importante risorsa cittadina: il mare. Sembra infatti che da imbarcazioni assimilabili a osterie galleggianti, gli antichi cadrai rifornissero di piatti caldi i marinai dei velieri attraccati in porto; il profumo di buridda, stoccafisso e... minestrone erano un vero richiamo all'acquisto di una razione e la possibilità per la gente di mare di consumare finalmente un po' di verdura.
Le peculiarità del piatto sono diverse: per essere perfetto dev'essere ricco di verdure di stagione, cotto lentamente e a lungo per consentire agli ingredienti di disfarsi creando una crema così densa da superare la prova-cucchiaio (un cucchiaio posto in verticale in una fondina piena dovrebbe rimanere in equilibrio) e avere quel profumo inconfondibile che solo il pesto sa dare, anche se esiste una versione, più invernale e legata all'entroterra, dove il pesto viene sostituito da un soffritto. Non dovrebbe mancare una crosta di parmigiano, fatta cuocere insieme alle verdure, usanza che è presente anche in altre Regioni (mia mamma, lombarda, la crosta la metteva sempre... ma la mangiava lei, o mio padre, visto che a noi figli non piaceva!).
Oltre alle indicazioni di Monica, per il mio piatto ho consultato diversi testi, non ultimo il libro della Sagep Liguria salute in cucina, da cui ho tratto alcune delle informazioni che ho qui riportato. 
Come sempre per ogni piatto s'incontrano più versioni; ogni famiglia ha la sua ricetta preferita, la sua combinazione magica di ingredienti ed io ho creato la mia, cercando di attenermi il più possibile alla tradizione. 
Dunque banditi zucchini, fagiolini e melanzane -che non devono mancare nella versione estiva -, per via della stagionalità, sì alla zucca, ai funghi secchi (elemento facoltativo), alle erbette. Ci vorrebbe anche il cavolo, ma a mio marito non piace e non ho voluto correre il rischio di dovermi trangugiare da sola tutta la pignatta. In compenso, una breve puntata in quella zona incolta che ha la presunzione di chiamarsi orto, mi ha rifornito di qualche foglia di borragine selvatica. Ho messo anche quella, pensando di non tradire lo spirito del piatto per via della sua presenza assai frequente nelle cucine liguri.
Circa i fagioli occorrerebbe una varietà particolare di borlotto, chiamato "lumé", dalla buccia tenera e "scioglievole"... ma nella mia zona proprio non se ne trovano. 
Ho trovato invece, inaspettatamente, la pasta adatta: sia i brichetti (nome dialettale che significa fiammifero, sostituibile con spaghetti spezzati) che lo scuccusun (scuccuzzu), una sorta di grosso "cous cous", dal quale sembra derivi il nome.




Per mia sperimentazione ho cucinato la pietanza per ben due volte, visto che la prima non mi aveva soddisfatto a causa dell'eccessiva quantità di zucca. Lo vedete qui sotto, nella prima foto, e decisamente... supera la prova cucchiaio! La seconda versione invece è rimasta un pochino più liquida, rassodandosi solo a raffreddamento avvenuto (l'ho fotografato caldissimo).
Personalmente ho preferito la seconda versione (quella che vi trascrivo) per il sapore, la prima per la consistenza, ma abbiamo mangiato minestrone per 4 giorni... non mi sembrava il caso di prolungare a 6!



Ingredienti (per 4-6 persone):
350 g di patate (peso netto)
250 g di bietoline (erbette) 
200 g di fagioli secchi 
150 g di zucca (peso netto)
un mazzetto di borragine (foglie tenere)
30 g di funghi porcini secchi
2 cipolle medie
200 g di pasta (scuccusun, ditalini o spaghetti spezzati)
3 cucchiai colmi di pesto alla genovese, possibilmente senza pinoli
sale q.b.


Esecuzione:
mettete in ammollo i fagioli in acqua fredda per almeno dodici ore, sciacquateli bene in acqua corrente e lessateli, partendo da acqua fredda, per una decina di minuti. Scolateli e gettate l'acqua di cottura. Nel frattempo preparate le altre verdure. 
Ammollate anche i funghi, lavate le bietole e la borragine, pulite e tritate la cipolla.
Riducete tutte le verdure a cubetti (patate e zucca) o a striscioline (borragine e erbette).
Portate a ebollizione 2 litri e mezzo d'acqua, aggiungete le verdure, i fagioli preparati come specificato e i funghi tritati. 
Coperchiate e cuocete a lungo, per almeno due ore e mezza, a fuoco molto lento, aggiungendo all'occorrenza altra acqua calda, ma la dose indicata dovrebbe essere sufficiente. 
Il minestrone dovrà sobbollire, le verdure disfarsi poco a poco e il brodo ispessirsi; nel caso, verso il termine della cottura alzate un po' la fiamma e aggiungete cremosità schiacciando i pezzetti rimasti interi col dorso di un cucchiaio.
Unite la pasta, lasciate riprendere il bollore, regolate di sale e spegnete. Lasciate riposare, coprendo col coperchio, per il tempo indicato per la cottura della pasta (nel caso di scuccusun è di 15 minuti); al termine il minestrone sarà pronto e alla giusta temperatura per essere gustato. 
Unite il pesto, stemperatelo bene e servite in tavola.
Se ne avanza sarà ottimo anche il giorno dopo e sarà possibile, come si fa a Genova specie in estate, gustarlo freddo!