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è lei? Signori: la pizza bianca romana!



Ma sì, io dico che è lei... pur non avendola mai assaggiata.
E ora mi domando: possibile?
Ho una vasta cuginanza che abita nei pressi di Roma e quando son stata "giù" - giù perché io abito in Liguria, quindi per il sud vado in discesa! - non m'è mai capitato di assaggiarla? Beh, io non la ricordo e se la discrimine è tra l'ho assaggiata, ma non m'è rimasta impressa e non ho mai avuto il piacere d'incontrarla, preferisco la seconda, perché se fosse la prima ero ubriaca, o dormivo, o non ero io, ma un mio alter ego.
Insomma, che devo dire? Complice il Calendario del cibo italiano - AIFB, che ha voluto dedicare la giornata odierna alla Pizza bianca romana - e vi consiglio di godervi, mai termine fu più appropriato, il post di Cristina che ci svelerà tutti i segreti di questo meraviglioso prodotto della panificazione -, mi sono rimboccata le maniche e l'ho fatta... tre volte.
Sì, perché io, abituata alla genovese, non mi sono subito resa conto delle difficoltà di esecuzione. 
Insomma, mi metto lì, studio e capisco che ci sono tre cose o passaggi indispensabili:
1) un'alta idratazione, che consenta la formazione delle grosse bolle che contraddistinguono la pizza bianca,
2) una farina forte, che supporti la quantità d'acqua elevata senza che la pasta si "ammosci",
3) una cottura ad alta temperatura con "spinta dal basso" (forno a legna o pietra refrattaria ben calda). 
Se le prime due sono regole facili da seguire, la terza è più problematica, perché forno a legna o pietra refrattaria si hanno oppure no, di lì non si scappa. E il forno di casa è quel che è.
Comunque mi accingo all'impresa, ma la prima volta è un mezzo disastro. Dico mezzo perché quella focaccia ce la siamo spazzolata in men che non si dica, con gran godimento, ma non era lei (nonostante mio marito continuasse a dire ma va, per me è buonissima! e io cercassi di redarguirlo è buonissima, ma non-è-lei).
La seconda volta mi sono affidata a un mago dei lievitati, ho seguito fedelmente le sue indicazioni e finalmente... ecco: lievitino perfetto, impasto iperidratato, incordatura fantastica e non temete, l'incordatura prima o poi arriva, anche se anch'io all'inizio disperavo che quella pappetta molle si potesse trasformare in una massa semisolida!
Bene, perfetto! Vado in cottura, arrangiandomi un po' con il forno di casa e con le sue relativamente basse temperature. Purtroppo il timore reverenziale nei confronti di quelle grosse bolle di gas che si vedevano nell'impasto -guai a romperle! - ha fatto sì che lo lasciassi troppo alto, trasformando in un pane ciccione e fortemente alveolato quella che doveva essere una pizza.  
Devo dirlo? Spazzolata, ma non era lei!
La terza volta è stata quella buona, una pizza bianca decisamente accettabile anche se sicuramente perfezionabile. 
Ho un fornetto Ferrari, quelli fatti apposta per ottenere pizze napoletane da pizzeria, ma non l'ho voluto usare. Sicuramente la cottura sarebbe stata migliore, ma non tutti lo possiedono e la sfida era fare un prodotto accettabile con le normali attrezzature casalinghe. Però sì, l'impastatrice è stata indispensabile.
Pizza bianca, focaccia genovese, ciaccia, schiacciata, tutte prelibatezze italiane che hanno alla base semplici ingredienti: acqua, farina, olio, sale, lievito. Tutte uguali eppure così diverse!
Si dice che la pizza bianca venisse infornata dagli antichi panificatori per testare la temperatura del forno; la stessa storia che si racconta per gli altri tipi di focaccia, probabilmente vera in tutti i casi.
Niente di unico, quindi.
Quello che rende la pizza bianca unica è la croccantezza esterna (rompete le bollone con i denti... uno scrock da paura) a contrastare la morbidezza dell'interno, la diffusa alveolatura che trattiene tutte le fragranze di farina e tostatura... assaggiate, una vera goduria!
E splendidi goderecci quali sono, i romani la gustano al meglio farcendola con mortadella, per una pausa mattutina e stragolosa. Per non parlare della versione con i fichi freschi (e sarebbe proprio il caso di dire: mica pizza e fichi!).
Io, vista la stagione, ci ho ricavato invece un pranzo frugale, a base di salamino extra piccante e fave dell'orto e quanto ce la siamo goduta lo vedete dai rimasugli; mi perdonino i puristi.





Ingredienti:
per il poolish:
150 g di farina di forza (io w330)
250 ml di acqua
3 g di sale 
0,75 g di lievito di birra fresco*
per l'impasto: 
90 g di farina per pizza (w 240-260)
60 g di farina di forza (w 330)
2 cucchiai scarsi di olio extravergine d'oliva
3 g di sale
1,5 g di lievito di birra fresco*
per rifinire:
olio extravergine d'oliva
sale grosso

*nota: se non avete un bilancino di precisione (io ne ho uno che pesa i decimi di grammo), basatevi "sul volume". Suddividete un cubetto in 25 parti per avere un grammo; toglietene un pezzetto per il poolish e aggiungetene un po' per l'impasto.


Esecuzione:

preparate il poolish mischiando tutti gli ingredienti; utilizzando le fruste per montare la panna otterrete una perfetta pastella senza grumi.
Coprite con pellicola, in modo che la superficie non secchi e lasciate lievitare a temperatura ambiente per 10 ore; al termine avrete un composto bucherellato simile a quello in foto: il poolish è pronto.
I miei tempi: poolish la sera alle 21, impasto la mattina successiva alle 8.


Versate il poolish nella ciotola dell'impastatrice, unite gli ingredienti previsti per l'impasto e cominciate a lavorare con la frusta a gancio; dapprima lentamente, poi, una volta che la farina sarà amalgamata, aumentate la velocità. Lasciate andare fino all'incordatura (la pasta si arrotolerà intorno al gancio, lasciando la ciotola pulita) inizialmente smuovendo il composto con un cucchiaio.
Non perdetevi d'animo se vi sembra che la pasta sia molto liquida, man mano prenderà consistenza. Calcolate comunque un tempo d'impasto di mezz'ora circa.
Trasferite in una ciotola ben oliata e lasciate lievitare fino al raddoppio. Con una temperatura casalinga di circa 20°, il mio tempo è stato di quasi 4 ore.
La pasta rimane molto molle; per le successive fasi io ho utilizzato un tappetino in silicone che mi ha agevolato nelle pieghe e nel trasferimento per l'infornata.
Infarinate molto bene il piano di lavoro, rovesciate la pasta, allargatela a rettangolo delicatamente, per non rompere le bolle interne, cospargete di farina anche la superficie superiore e fate una piega a 3, portando uno dei lati verso il centro e piegando quello opposto sopra.
Lasciate riposare mezz'ora/40 minuti coprendo a campana.
Scaldate il forno al massimo e scaldate una teglia; quando il forno sarà in temperatura estraete la teglia calda, rovesciatevi l'impasto (attenzione alle scottature!), oliate bene la superficie e allargate la pasta delicatamente fino allo spessore di circa un centimetro.
Cospargete con un po' di sale grosso e infornate fino a coloritura; i tempi dipendono dalla temperatura del forno.
La pizza bianca dovrà rimanere molto alveolata, con una crosta croccante e morbida all'interno.
Gustatela preferibilmente calda così com'è oppure imbottitela come meglio vi aggrada.