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grock e la torta di carciofi



Per chi non ha idea di che significato abbia questo "grock" iniziale, preciso subito che non si tratta del verso di una rana in preda ad un attacco asmatico convulso. Grock, a questo punto scritto con l'iniziale maiuscola, era il nome d'arte di un clown svizzero d'inizio novecento, al secolo: Charles Adrien Wettach. Nato nel 1880, fu considerato il più grande clown dei suoi tempi. La sua carriera iniziò prestissimo; a quattordici anni lavorava nei circhi come funambolo, illusionista e uomo-serpente, ma in in seguito sviluppò la sua arte aggiungendo numeri di acrobazia, contorsionismo, equilibrismo ed imparando a suonare, ed utilizzando, numerosi strumenti musicali primi fra tutti violino e pianoforte. La sua fama crebbe rapidamente e nel 1928 fece la sua prima turnée in Italia. Fu protagonista di tre film ed in uno spettacolo riuscì a divertire anche Charlie Chaplin. Nel 1954 si ritirò dalle scene rifugiandosi a Villa Bianca - una costruzione che è l'espressione di una personalità straordinaria, giocosa e creativa, da lui stesso progettata come una sorta di autoritratto -, dove morì nel 1959.

Tutto questo non è farina del mio sacco... bensì di Wikipedia  (ma no!) da cui io ho tratto un sunto; se vorrete saperne di più, andate alla fonte.
Che c'entra tutto questo con Imperia? Ma soprattutto, che c'entra con la torta di carciofi?
Per la prima domanda è presto detto: Villa Bianca, ora Villa Grock, di proprietà pubblica (Provincia), si trova proprio ad Imperia, in uno splendido posto collinare da cui Adrien era rimasto subito affascinato. Purtroppo nel frattempo il luogo è stato invaso da altre costruzioni che ne hanno rovinato l'estetica e quella quiete che sono sicura Grock amasse tanto, dopo i molti anni passati a far sorridere la gente.

                                       Charles Adrien Wettach                                            (Reconvilier, Svizzera, 10 gennaio 1880 - Imperia, 14 luglio 1959)

Quanto alla seconda... vi dovrete rivolgere alla mia mente malata che ha visto riprodotti, nelle guglie svettanti e nei pinnacoli architettonici di quella villa stravagantemente liberty, altri pinnacoli, per così dire "mangerecci" e molto legati alla mia terra: i carciofi, appunto.
(Carciofo "violet" senza spine di Perinaldo -IM, presidio slow food, oppure il carciofo spinoso di Albenga -SV).
Qui per notizie circa la villa e gli orari di visita.

p.s. Qualche acrobazia, per scattare le foto attraverso le inferriate sbarrate del parco, l'ho fatta anch'io; in pieno spirito "grockiano", no?




Foto presa dal web




Ecco la seconda ricetta per il contest di Meris.

Ingredienti (per 4 tortini di15cm di diametro o per una torta da 28 cm):
per la pasta:
220 grammi di farina
3 cucchiai d'olio
sale q.b.
acqua e vino bianco in parti uguali o solo acqua q.b. (circa 110 grammi)
per il ripieno:
4 carciofi
2 cipollotti o una cipolla piccola
6 uova
180 grammi di ricotta
1/2 bicchiere di vino bianco
un cucchiaio di prezzemolo e maggiorana tritati (o solo maggiorana che in Liguria, nei ripieni, è obbligatoria)
1 pugnetto di riso crudo
parmigiano grattugiato
sale e olio e.v. q.b.

Esecuzione:
preparate la parte esterna impastando tutti gli ingredienti fino ad ottenere una pasta liscia; formate un panetto, lasciate riposare per un'oretta poi dividete in tre/quattro pani più piccoli e ricavatene delle sfoglie sottili (tirando la pasta a mano o a macchina).

Pulite i carciofi mettendoli mano a mano a bagno in acqua acidulata poi tagliateli a filetti. Pulite i cipollotti, eliminate parte del verde e tagliateli a fettine.

Stufate in padella i cipollotti con un po' d'olio e.v., poi unite anche i carciofi. Sfumate col vino, portate a cottura, eventualmente aggiungendo un po' d'acqua.

Sbattete leggermente le uova, unite la ricotta, le verdure, il trito di erbe aromatiche, il parmigiano ed il riso (crudo; si cuocerà assorbendo l'acqua residua della verdura). Aggiustate di sale. Se volete potete aggiungere anche qualche pisello, fresco o surgelato, entrambi a crudo; il sapore ne guadagna; io qui non l'ho messi perché è un'usanza familiare di cui non ho trovato traccia in alcun testo.

Ungete con olio le tegliette (o la teglia grande), foderatele con la pasta lasciandola sbordare di qualche centimetro. Velate leggermente d'olio ed appoggiate un secondo disco più piccolo (questo non dovrà essere più grande della teglia). Versate la farcia poi coprite con atra pasta. Se riuscite, fate due/tre strati di pasta, sempre ungendo leggermente tra l'uno e l'altro, l'importante è che uno di essi sia largo quanto il primo che avete messo.

Arrotolate i bordi formando una sorta di cordoncino (ecco perché i dischi di pasta che "sbordano" dovranno essere solo due; in caso contrario il cordoncino sarà troppo spesso e non cuocerà all'interno).

Un giro d'olio, qualche buchetto fatto con uno stuzzicadenti, per evitare che la pasta si sollevi in cottura e cuocia in modo irregolare, ed in forno caldo a 180° per mezz'ora. Si gusta preferibilmente fredda.

Se vi avanza della sfoglia è ottima tagliata a losanghe irregolari, spolverizzata con un po' di sale fino e cotta in forno fino a coloritura (da gustare calda).