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la sardenaira


Cosa hanno in comune l'ammiraglio genovese Andrea Doria e la sardenaira?
E perché si chiama sardenaira, se non c'è l'ombra di sardine?
La pizza, in America, è stata diffusa dai napoletani, oppure anche i liguri hanno avuto un loro ruolo?
Le risposte, insieme ad altre curiosità, le trovate da oggi sul sito AIFB, alla pagina del Calendario del cibo italiano che celebra la Giornata della Sardenaira.
E l'ambasciatrice... c'est moi!
Per prima cosa voglio ringraziare tutte le amiche che, sfidando le temperature estive, hanno acceso il forno per proporre una loro versione del piatto sanremasco.
Grazie ragazze, siete state meravigliose.
E che sardenaire! Sentite un po' qui: 
ringrazio
Lucia, che l'ha preparata aggiungendo le splendide olive di Gaeta; dov'è difficile reperire i prodotti della tradizione - le olive taggiasche - arriva l'ingegno,
Daniela, che ha utilizzato l'origano selvatico di Aspromonte e le sarde di Calabria, salate nientemeno che in casa, dalla sua mamma,
Sara, che ha fatto una versione con "doppio" pomodoro, fresco e in conserva, e rifinito il tutto con le profumatissime foglioline fresche di origano del suo giardino,
Alessia, che ci presenta una sardenaira tonda, magistralmente preparata con pasta madre e pomodoro fresco,
e Marina, che l'ha condivisa un pomeriggio, con gli amici, in terrazza, per una merenda diversa. Anche per la sua sardenaira, il magnifico origano di Aspromonte!
Ringrazio
Marianna; la sua versione con farina tipo 2, macinata a pietra da un mulino della zona in cui abita, scoperto quasi per caso, dev'essere eccezionale,    
Manuela, che ha servito la sua sardenaira col machetto addirittura alla festa di laurea del figlio... e, che rimanga tra noi, sembra che sia piaciuta proprio a tutti! I complimenti a mamma e figlio, per motivazioni diverse, sono d'obbligo,
e Maria Grazia che ha voluto rispettare in tutto la tradizione, dalle olive taggiasche all'uso della teglia rettangolare. Mi sembra di sentirne il profumo... 
Grazie a Valentina, a cui faccio i miei auguri, visto che il suo compleanno cade proprio oggi. Lei ha avuto la splendida idea di festeggiare in modo inusuale, vestendo la sua sardenaira con le candeline verdi e viola. Auguri valentina!
Ancora un grazie ad Alessandra, che non ha voluto mancare questo appuntamento  riuscendo a unirsi al gruppo nonostante gli impegni; la sua è una meravigliosa versione con la pasta madre. 
Infine, un'altra amica ci ha raggiunto in zona Cesarini. Grazie Cinzia. Il sale autoprodotto, aromatizzato con i suoi amati fiori ed erbe spontanei, credo conferisca un profumo e un sapore unici!      
Correte a leggere i post, perché so già che sedersi alla loro tavola sarà una scoperta.
Leggete e poi... riproducete, perché le sardenaire di queste signore potranno allietare le vostre cene estive; i vostri amici vi ringrazieranno.




Per quanto mi riguarda, trovate la mia sardenaira qui, sul sito AIFB.
Non volevo però lasciarvi senza una ricetta e ho avuto solo l'imbarazzo della scelta. 
La piscialandrea - pizza all'Andrea - di Imperia (Oneglia), la pisciarà di Bordighera, la machettusa di Apricale, tutto il Ponente ligure vanta diverse interpretazioni della più famosa pizza sanremasca.  
La versione di Ventimiglia che mangiavo da piccola, fatta da mia zia  - io sono imperiese, ma il ramo paterno della famiglia proveniva da quella cittadina - è chiamata pisciadela o pisciadella (si prega di astenersi da commenti salaci).
Pomodoro fresco, aglio in spicchi interi, olive, origano, questi gli ingredienti. Tranne che per i capperi e le acciughe, che a mio padre non piacevano, sembrerebbe proprio una sardenaira.




Ma se mi sono decisa a proporla qui è perché aveva qualche particolarità: mia zia aggiungeva anche un po' di semola all'impasto - e a volte impastava con poco latte -  e  faceva lievitare la pasta nell'acqua calda; a ben pensarci è un metodo assai comodo, specie in inverno, per velocizzare le operazioni e rendere facilmente programmabile il pasto. In fondo, a parte un po' più di dispersione di calore in inverno, la temperatura dell'acqua è sempre quella, no?
Poiché mia zia non c'è più da moltissimo tempo purtroppo non ho indicazioni precise, mi sono quindi affidata al web e al mio istinto ed ecco cos'è venuto fuori.
E' lei? A giudicare da sapore e consistenza direi proprio di sì... buon appetito!




Ingredienti (per una teglia da 30 x 23 cm circa):
per la pasta
260 g di farina 00
40 g di farina di semola di grano duro
30 ml di olio extra vergine d'oliva (per me cultivar taggiasca)
6 g di sale
4 g di lievito di birra fresco
per il condimento
un pomodoro cuore di bue medio/grande (circa 200 g)
qualche spicchio d'aglio vestito
una manciata di olive taggiasche in salamoia
qualche filetto di alice sotto sale o sott'olio
origano essiccato
olio extravergine d'oliva q.b.


Esecuzione:
fate scaldare l'acqua in una pentola capiente portandola a 45° circa; spegnete il fuoco e dedicatevi alla pasta.
Preparate la fontana con le farine setacciate, mettendo il sale da una parte.
Aggiungete l'olio e stemperate il lievito con l'acqua necessaria a ottenere una pasta morbida ma non appiccicosa. Non l'ho misurata ma ne occorrerà un po' più di un dl.
Lavorate a lungo per ottenere un impasto setoso, formate una palla e immergetela nell'acqua calda.
Attendete che venga a galla; la mia ha impiegato circa 35 minuti.
Scolate l'impasto, asciugatelo sommariamente e allargatelo in una teglia oliata. Attenzione perché l'amido rilasciato dalla pasta tende a far attaccare la pizza alla teglia, quindi è necessario oliare abbondantemente.
Lasciate riprendere la lievitazione per mezz'ora- 40 minuti.
Scaldate il forno a 200°, condite con il pomodoro crudo tagliato a pezzetti, gli spicchi d'aglio vestiti, le olive e le acciughe spezzettate.
Cospargete di origano, salate leggermente, condite ancora con olio e cuocete fino a coloritura.
Gustate la pisciadella fredda.