Secondo il Calendario del cibo italiano - AIFB , la sua Giornata Nazionale cade proprio oggi ed è un'altra preparazione che, ammetto l'ignoranza, proprio non conoscevo.
Si tratta di un piatto carsolino, tipico della tradizione pasquale triestina. Molto simile alla Gubana, diffusa nelle valli del Natisone, in provincia di Udine, anche la Putizza è un dolce di pasta lievitata avvolta a chiocciola, che racchiude un ripieno ricco e profumato.
In rete ho trovato diverse versioni di questo dolce, alcune sotto la denominazione "putizza goriziana", segno della sua diffusione in tutta la zona.
Sono stata a Trieste una sola volta, molto tempo fa, l'ho sfiorata per un tempo
brevissimo e quasi "per caso". Di questa città ricordo la monumentalità
delle piazze, i suoi spazi aperti, la ricchezza dei palazzi
ottocenteschi... e una bora fredda e veloce, che ci faceva camminare
piegati, da tanto "ci portava via", mentre intorno a noi triestini,
tranquilli e mani in tasca, passeggiavano alludendo affettuosamente a quel vento
gelido chiamandolo "boréta". Per me era una Bora in piena regola, ma ovviamente non posso che prendere per buona la versione degli esperti.
Però, per breve che sia stato il mio soggiorno, Trieste m'è entrata nel cuore.
Però, per breve che sia stato il mio soggiorno, Trieste m'è entrata nel cuore.
La cucina rispecchia in pieno quello che è stata la città durante la sua storia: un crocevia di popoli e tradizioni, un luogo di transito e d'incontro di culture diverse, dalla mediterranea istriano-dalmata alla mitteleuropea, con le sue influenze austro-balcaniche (slovene, ungheresi, ashkenazite).
In un simile crogiolo cosmopolita, non poteva che nascere una cucina ricca e dai sapori variegati.
E proprio nella Putizza abbiamo l'esempio dell'internazionalità dei piatti triestini; il dolce è certamente di origine slava tant'è che nella sua denominazione troviamo le radici del verbo "poviti" che significa "avvolgere". Il corrispettivo sloveno della preparazione è infatti la Potica.
Ignoravo anche queste corrispondenze; le ho scoperte in quest'occasione e ringrazio Marina per avermi fatto conoscere, con la gentilezza che la contraddistingue, i segreti del suo dolce di famiglia.
Purtroppo ho potuto seguire le sue indicazioni solo in parte, perché quando mi occorreva altro latte oltre quello già usato... mi sono accorta che le mie scorte erano esaurite.
Mi sono in gran parte affidata alle indicazioni di Marina, integrando alcuni passaggi con diverse interpretazioni trovate in rete. Alcune erano contraddittorie (cannella e spezie sì - cannella e spezie assolutamente no! Ripieno con noci e uvetta - ripieno con noci e nocciole) e ho dovuto scegliere, cercando di fare ciò che mi convinceva di più dal punto di vista "filologico". Ovviamente potrei aver sbagliato e prego chi ha la conoscenza di illuminarmi in proposito.
Circa la pasta: il mio intento era quello di rallentare molto la lievitazione, preparando un poolish con pochissimo lievito e facendo riposare in frigo almeno una notte; questo per ottenere un lievitato che si mantenesse più morbido a lungo. Non ho potuto farlo per questione di tempo e la confezione della mia Putizza s'è risolta nell'arco di un pomeriggio, serata inclusa.
L'impasto era molto, l'ho quindi diviso a metà e preparato due dolci più piccoli: per uno di questi ho tirato la sfoglia molto sottilmente, nell'altro l'ho lasciata volutamente più spessa. Le foto che vedete sono relative a quest'ultima versione, mentre la prima ha preso la strada della mia vicina. Devo dire che sbirciando mentre la tagliava ho notato che l'interno era assai più bello e "a spirale", con diversi sottili strati di pasta intervallati da quelli scuri del ripieno, ma ormai portargliela via "per far le foto" non mi sembrava bello. Temo però che il risultato perfetto debba essere quello, d'altra parte è proprio così quello che Mai Esteve ha preparato per noi; basterà cliccare lassù, sulla Giornata Nazionale, per conoscere tutti i segreti della Putizza.
Il ripieno: Marina mi ha dato le dosi con cui, nella sua famiglia, si prepara la Potica. E' previsto molto latte e poi ne ho capito la ragione: aggiungendone di più il ripieno anziché molto friabile e "sbricioloso" risulta cremoso e più coeso.
Verace o no, comunque una cosa la devo dire: il dolce era davvero buonissimo e sicuramente lo rifarò presto adottando le accortezze suggerite sopra (lievitazione molto lenta, ripieno di Marina, stesura più sottile).
E se dovessi definirlo in due parole, queste sarebbero: crea dipendenza.
Ricordo che chi volesse partecipare al Calendario potrà farlo, anche se non iscritto all'AIFB. Qui trovate tutte le scadenze giornaliere e settimanali; leggete, curiosate, spulciate e trovate il "vostro" tema prediletto, quello nel quale vi sentiti "forti" e che vi fa dire: qui sono nel mio!.
E se dovessi definirlo in due parole, queste sarebbero: crea dipendenza.
Ricordo che chi volesse partecipare al Calendario potrà farlo, anche se non iscritto all'AIFB. Qui trovate tutte le scadenze giornaliere e settimanali; leggete, curiosate, spulciate e trovate il "vostro" tema prediletto, quello nel quale vi sentiti "forti" e che vi fa dire: qui sono nel mio!.
Ingredienti (per due Putizze da 20 cm di diametro circa):
per la pasta
500 g di farina 00
150 ml di latte (io parzialmente scremato, ma sarà perfetto anche l'intero)
100 g di zucchero semolato
un uovo + 2 tuorli (uova medie)
50 g di burro morbido
15 g di lievito di birra fresco
la scorza di due limoni
un pizzico di sale
per il ripieno
350 g di noci (gherigli)
150 g di zucchero semolato
150 g di cioccolato fondente
150 g di uvetta
80 g di pangrattato
60 ml di latte
30 g di burro
scorza di un'arancia
rum q.b. per ammorbidire l'uvetta
Esecuzione:
Per prima cosa dedicatevi alla pasta.
Preparate una sorta di poolish molto morbido, sciogliendo il lievito nel latte appena intiepidito e aggiungendo 150 g di farina. Mischiate rapidamente fino a ottenere una pastella, coprite con pellicola e lasciate lievitare fino al raddoppio in luogo tiepido e al riparo da correnti d'aria; andrà benissimo il forno spento, eventualmente scaldato preventivamente per non più di un minuto e occorrerà circa un'ora.
L'impasto successivo andrà fatto preferibilmente con l'impastatrice o con gli appositi ganci di un frullino; potete procedere comunque anche a mano... preparandovi ad usare molto olio di gomito!
Trasferite il lievitino nella ciotola dell'impastatrice munita di frusta a gancio e aggiungete un tuorlo, 1/3 dello zucchero e tre cucchiai della farina rimasta. Impastate finché tutti gli ingredienti saranno amalgamati, poi aggiungete l'uovo intero, 1/3 dello zucchero e metà della farina rimasta. Quando ben incorporati unite i restanti ingredienti: 1/3 dello zucchero, la farina ed il tuorlo rimasti, la scorza di limone e il sale.
Lasciate il burro per ultimo e aggiungetelo a tocchetti, continuando a impastare.
Lavorate a lungo, almeno 10/15 minuti finché otterrete una pasta morbida e setosa. Se durante la lavorazione fosse necessario regolate la consistenza aggiungendo un paio di cucchiai di latte.
Trasferite sulla spianatoia leggermente infarinata, lavorate brevemente a mano, formate una palla, mettetela in una ciotola, coprite e lasciate lievitare, come per il poolish, fino al raddoppio (circa 2 ore).
Nel frattempo preparate il ripieno.
Ammollate l'uvetta nel rum.
Tritate le noci.
Sciogliete il cioccolato a bagnomaria con il burro e tostate il pangrattato in un padellino antiaderente.
Quando l'uvetta sarà morbida scolatela e unitela a tutti gli altri ingredienti del ripieno.
A questo punto: io ho fatto due dolci, quindi ho pesato sia la pasta che il ripieno e li ho divisi a metà; volendo potrete però fare un'unica Putizza.
Sull'asse leggermente infarinata tirate due sfoglie sottili di pasta lievitata; calcolate circa un paio di millimetri di spessore. Trasferite su un canovaccio infarinato, oppure, come ho fatto io, su un piano in silicone. Distribuite il ripieno in modo omogeneo, lasciando un paio di centimetri liberi su ogni lato.
Aiutandovi col canovaccio arrotolate la sfoglia, come se si trattasse di uno strudel.
"Pinzate" i lati per evitare la fuoriuscita del ripieno, poi arrotolate a chiocciola, lasciando il lembo di chiusura in basso, nella parte che rimarrà a contatto con la teglia.
A scelta, prima d'infornare, potete lucidare la pasta con latte o uovo sbattuto; io non l'ho fatto.
Trasferite in una teglia coperta da carta da forno e cuocete in forno caldo, a 180° per circa mezz'ora, coprendo dopo 10 minuti se vedete che la preparazione scurisce troppo.
Si conserva bene per due/tre giorni (di più in casa mia non è durata!) a patto di chiuderla in un foglio di alluminio perché tende ad asciugarsi un po'.