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Visualizzazione dei post da gennaio, 2012

plumcake agli agrumi

Quando ho ricevuto la mia "brigittina", qualche giorno fa, ho pensato subito di provarla facendo dei biscotti. Per chi non lo sapesse Brigitte-Keks è il nome dello stampino a caratteri mobili che serve a tagliare biscotti imprimendovi contemporaneamente delle parole. L'ho ricevuta in dono da Patrizia, del blog "I dolci nella mente" che l'aveva messo in palio per suo contest. Dunque quale modo migliore, per ringraziarla, di rifare proprio i suoi biscottini , bellissimi, magari stampigliandovi sopra un bel "Grazie"? Vado, leggo la ricetta, penso... Sono appena uscita da un periodo di sovrapproduzione biscottifera e, se la maggior parte dei pasticcini ha preso il volo verso altre dimore, parecchi sono comunque finiti nella mia pancia. Ecco, magari, di rimettermi in pista per maneggiare altro burro in quantità industriale non mi sembra il momento... Allora trovo un bel plumcake , già salvato a suo tempo ed in attesa di essere riprodotto al moment

crema di lenticchie curry e zafferano

Questo post nasce da un esperimento; anzi, più d'uno. Vista la mia fissa circa la cucina molecolare qualche tempo fa mi soffermai su un sito che, tra le altre cose, dava indicazioni circa la cottura delle lenticchie. In poche parole, esperimenti alla mano, sembra che questo legume per non spappolarsi debba essere cotto ad una temperatura di circa 90 gradi. A dirla tutta a me le lenticchie un po' spappolate piacciono, però l'informazione mi fece pensare alla cottura delle lenticchie rosse; quelle lentichiette dal bellissimo colore che però, a cottura avvenuta, svanisce come neve al sole (e se qualche foto, sui giornali, ce le mostra arancioni è solo perché sono crude!). Dunque ho provato: ho fatto bollire l'acqua, ho versato le lenticchie e dopo pochi minuti ho spento il fuoco. I legumi in questione si sono cotti così, rimanendo, se non proprio coloratissimi, almeno gialli (colore che io ho accentuato con una carota). Le lenticchie sono ricche di ferro

una torta "strana": bilbolbul

Oggi una torta un po' strana e super veloce; una ricetta che mi ha sempre stupito per la povertà degli ingredienti e per la "resa" assai migliore di quel che ci si potrebbe aspettare. Questa ricetta la scoprii nel web diverso tempo fa e, un po' come tutte le ricette che si trovano in rete, mentre all'epoca era "gettonatissima" dopo non troppo tempo cadde nell'oblio. In un forum ne veniva indicato nome: "torta Bilbolbul" e se non ricordo male si diceva che era originaria del nord Africa. Io che l'ho sperimentata, non solo non l'ho dimenticata ma la faccio piuttosto spesso, specie quando sono di corsa e voglio preparare qualcosa per la colazione del giorno dopo. Ho corretto un po' le dosi, diminuendo la quantità di cacao (100 grammi erano davvero troppi) ed aumentando quella di latte (250 ml troppo pochi). Così come la posto, io la trovo perfetta, ma nessuno vi impedisce di provare l'originale. La materia grassa è da

semifreddo al torroncino

Quando un'amica mi ha detto di aver cercato, sul web, una ricetta di un semifreddo al torrone, non ci ho pensato due volte! Accidenti, il semifreddo è un dolce a cui ricorro sovente in caso di invito da parte di amici; mi piace, mi diverte prepararlo, per me rappresenta sempre un po' una sfida e... al torroncino non ne ho mai fatto! Perché una sfida? Perché dopo che, parecchio tempo fa, ho visto un video di Montersino che spiegava come, affinché il semifreddo sia consumabile appena tirato fuori dal freezer, la percentuale di zucchero debba essere ben dosata, appena preparo un dolce così sono sempre lì a far calcoli e calcoletti per trovare il giusto equilibrio. Ho scoperto così che il semifreddo "classico" che ho sempre fatto "a mio estro" corrisponde in pieno alle caratteristiche di Montersino... infatti viene molto bene. Però il torrone fa sballare di molto i calcoletti. Soprattutto perché: come si fa a sapere quanto zucchero contiene? Insomma; sono un

corzetti stampati in salsa noci

I corzetti (in dialetto "croxétti", dove la "x" si legge come la "g" francese di Georges) sono una pasta tipica della riviera ligure di levante. Contrariamente a quelli polceveraschi, a forma di farfallina con gli angoli stondati e senza "pinzatura" al centro, gli stampati sono dischi di pasta sulle cui facce vengono impressi dei decori con appositi attrezzi in legno. Questi "aggeggini" mi piacciono talmente tanto che tempo fa ne comprai un paio, uno in pero e l'altro in legno d'ulivo, presso il laboratorio di un'ebanista (donna) in un carrugio di Genova. La parte inferiore dello stampino è tagliata in modo da poter ricavare i dischi di pasta; per imprimere i disegni bisognerà poi inserire la pasta tra le due parti dello stampo e pressare. Nel rinascimento le famiglie nobili avevano tutte il loro "corzetto" con inciso lo stemma di famiglia; un modo per personalizzare i piatti. Molto attuale, no? Se trover

cipolle al rosmarino

Una ricetta semplice semplice ma sfiziosa, presa da un vecchio numero di "Sale & Pepe", per "rimediare" un post in questo periodo che mi ha visto piuttosto impegnata altrove. Poiché la mia preparazione era destinata al consumo immediato io ho utilizzato solo un paio di cipolle medie; naturalmente vi basterà aumentare le dosi, invasare e sterilizzare i vasetti per conservarla e poterne godere più a lungo. Ingredienti: 2 cipolle bianche di grandezza simile un peperoncino piccante fresco (sostituibile, per un bel contrasto cromatico, con poco peperone rosso e peperoncino secco) qualche ago di rosmarino olio e.v.o. (inutile specificarlo!) e sale q.b. Esecuzione: avvolgete le cipolle, senza sbucciarle, in pellicola di alluminio ed infornate a 200 gradi per circa 20 minuti. Controllate periodicamente la cottura con una forchetta; saranno pronte quando questa penetrerà facilmente fino al cuore. Lasciate raffreddare, sbucciate e tagliate a filetti. Pu

kanelbullar, ovvero...

quando Speziale chiama, Cuoca Reale risponde. Vi converrà, se vi par d'uopo, leggere prima qui , qui e qui ... o saltare a pié pari la telenovela ed andare direttamente all'ultimo capoverso. "Ohibò, che rose meravigliose! Bianche candide. Ma chi mai me l'avrà donate?" La Cuoca Reale aveva da qualche minuto cominciato a far uso del suo narghilé (così l'aveva nominato la Speziale e lei doveva pur crederci) che già, in preda alle spire di quel fumo allucinogeno, non ricordava neanche che quelle rose le aveva portate lì lei stessa sottraendole alla legittima proprietaria, la Speziale, sempre lei. Adagiata mollemente su una sedia della cucina era più simile ad un Brucaliffo che non ad una Cuoca; pensare che Disney era ancora di là da venire al mondo. Tuttavia l'oblio era così piacevole; così piacevole dimenticare quell'odioso servizio a cui era relegata... Le sue aspirazioni erano ben altre che cucinare tutto il giorno per una Corte Reale che la mag

carbone dolce: fra poco é epifania

Così come l'ho trovata la dizione esatta sarebbe "zucchero roccia", ma tutti lo chiamiamo carbone dolce. Da piccola un pezzetto nella calza c'era sempre insieme a mandarini e caramelle... poco di più. La ricetta era su un numero di "A Tavola" di qualche anno fa, io l'avevo conservata e quest'anno ho voluto provare. Girellando nel web ho notato che alcuni aggiungono l'alcool (per liquori) che dovrebbe essere l'elemento che provoca la "lievitazione" del composto. In realtà "lievita" benissimo anche senza; la ricetta della rivista non prevedeva alcool ed io le ho dato fiducia. L'ho fatto ben due volte: la prima s'è risolta in un disastro a causa di un refuso nelle dosi; la seconda, invece (sensatamente corretta), mi ha dato una bella soddisfazione. Il risultato finale non è proprio uguale al carbone che si compra; quest'ultimo è più consistente, meno friabile. Però vi assicuro che farlo è stato un bel divertim